La quarta domenica del Triodion, nella quale la Chiesa fa memoria dell’espulsione di Adamo del Paradiso terrestre, è detta “Domenica del Perdono”, dall’usanza di chiedere perdono in questo giorno prima dell’inizio della Quaresima.
Quando qualcuno pecca nei nostri confronti, facendoci un torto, una violenza o altro, noi sentiamo di avere un qualche diritto contro di lui. Il peccato contro i nostri fratelli e sorelle è così, secondo la logica umana, un debito. Quando subiamo un torto ci sentiamo un po’ creditori, e guardiamo a chi ci ha fatto quel torto come a un debitore insolvente.
Ogni volta che perdoniamo qualcuno, così, lo sciogliamo da un debito, e quando chiediamo perdono chiediamo di essere sciolti da un debito.
Questo dovrebbe farci riflettere sul senso di questa domenica, l’ultima prima dell’inizio della Grande Quaresima. La Chiesa ci ingiunge oggi di chiedere e dare perdono. Ognuno di noi ha commesso i suoi torti a qualche fratello o sorella, e ognuno di noi ne ha subiti. Più questi torti sono gravi, più è pesante il debito; e chi è debitore non è libero. La Chiesa vuole che noi diamo inizio al nostro cammino verso la Pasqua come cristiani liberi, non come debitori o creditori.
Per chi ha debiti, questo è il momento opportuno per chiedere che i debiti vengano condonati. Da questo possiamo trarre alcune considerazioni.
La prima considerazione è semplice: perdonare è un dovere di ogni cristiano, ma essere perdonati non è un diritto; il perdono si chiede, non si pretende. Questo per ricordarci che è sempre bene non essere in torto con i nostri fratelli e le nostre sorelle. Troppo facile è dire “ho sbagliato”: meglio dire “non voglio più sbagliare”.
Una seconda considerazione: ci sono torti che si lasciano perdonare più difficilmente di altri. Se sappiamo di esserci comportati molto male contro qualcuno, sappiamo anche che sarà difficile, per lui o lei, perdonare. Ovviamente è più facile condonare un debito di cinquanta euro che non uno di cinquantamila. Se so di avere un tale debito sulla coscienza, saprò anche che devo fare attivamente qualcosa perché questo debito sia condonato. Un buon cristiano sa, ovviamente di dover condonare debiti anche grandi, ma sa anche di dover rendere più facile agli altri, ai suoi creditori, quello stesso condono.
Terza considerazione: noi tutti siamo, nei confronti del nostro prossimo, un po’ creditori e un po’ debitori. Ognuno di noi ha commesso i suoi piccoli o grandi torti, e ognuno di noi li ha subiti. Cerchiamo di non trovarci mai nella condizione di quel debitore insolvente di cui parlo il Signore in una delle sue parabole: chi sa di chiedere il condono di una grande somma di denaro non può rifiutare il condono di una somma piccola. Noi cominciamo ora il Grande Digiuno in preparazione per la Pasqua. Questo digiuno però sarà del tutto inutile, se noi lo faremo con spirito mercantile, facendo il conto di quanto dobbiamo e di quanto ci è dovuto.
Tutti i giorni siamo abituati a ripetere nel Padre Nostro la richiesta di rimettere i nostri debiti “come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Questa richiesta diventerà per noi una condanna, però,se noi non siamo capaci di rimettere i debiti, di condonare.
Voglio concludere questa riflessione con una citazione da un Padre del Deserto:
Un fratello della Libia venne da abba Silvano sul monte Panefo e gli disse: «Abba, ho un nemico che mi fa del male; quand’ero nel mondo mi ha rubato il mio campo, mi ha spesso teso insidie, ed ecco che ha assoldato della gente per avvelenarmi. Voglio consegnarlo al giudice». L’anziano gli disse: «Fa’ ciò che ti dà pace, figliolo». E il fratello disse: «Abba, se riceve il castigo, la sua anima non ne trarrà profitto?» . L’anziano disse: «Fa’ come ti pare, figliolo». Il fratello disse all’anziano: «Alzati, padre, preghiamo e poi vado dal giudice». L’anziano si alzò e dissero il «Padre nostro». Come giunsero alle parole: «Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori» (Mt 6,12) , l’anziano disse: «Non rimettere a noi i nostri debiti, come noi non li rimettiamo ai nostri debitori». Il fratello disse: «Non è così, padre». «E così, figliolo, — disse l’anziano — se veramente vuoi andare dal giudice per vendicarti, Silvano non fa altra preghiera per te». E il fratello si prostrò e perdonò al suo nemico.
(Omelia del 5 / 18 Febbraio 2018)