Ancora su Alessandro Meluzzi

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I lettori di questo blog non me ne vorranno se mi trovo nuovamente ad affrontare la questione di Alessandro Meluzzi.

Come è noto, il famoso psichiatra e criminologo è divenuto “vescovo” e Primate della cosiddetta “Chiesa Ortodossa Italiana”. In un post precedente ho fatto alcune considerazioni in merito. Ritorno sull’argomento solo a causa di una recente intervista / conversazione apparsa sul sito web di una parrocchia del Patriarcato di Mosca. In essa l’igumeno Ambrogio (Cassinasco) dialoga con Alessandro Meluzzi riguardo alla sua conversione e alla sua realtà ecclesiale. Inutile dire che tale intervista campeggia ora in gran trionfo anche sul sito della “Chiesa Ortodossa Italiana”, nonché sulla pagina Facebook, con un titolo significativo: Sono iniziati i primi contatti tra il Patriarcato di Mosca e la nostra Chiesa. Intervista del nostro Primate al sito della Chiesa ortodossa Russa di Torino. Anche se, a onor del vero, l’intervista la fa il sito al Primate e non il Primate al sito…

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Non è mia intenzione analizzare l’intera conversazione (sebbene essa offra più di uno spunto, non c’è che dire), ma intervengo soltanto perché nel corso di tale conversazione si fa riferimento a me e alle mie considerazioni su Meluzzi.

Comincio col chiedermi innanzitutto come mai l’igumeno Ambrogio, che ha modi generalmente sgradevoli nel trattare quanti egli ritiene (a torto o a ragione) “non canonici” o “scismatici”, sia così amabile e cordiale con il noto psichiatra. Posso capire che tra i due esista un’amicizia di lunga data, su cui non ho nulla da ridire, ma una così palese parzialità di trattamento mi lascia perplesso.

Veniamo però all’intervista. A un certo punto l’igumeno Ambrogio afferma:

In questi ultimi tempi ho letto non solo molti dei commenti sulla tua scelta religiosa, ma anche le inevitabili critiche, inclusa una critica teologica che in sé espone idee abbastanza ragionevoli, ma pecca di una fallacia logica di base: fa di te un vescovo ortodosso secondo la sua prospettiva (il famoso argomento dell’uomo di paglia), poi passa a trovare gli elementi nei quali tu non rientri in questa prospettiva, e conclude dichiarandoti non ortodosso e non ecclesiale. È proprio per questo che insisto che tu possa chiarificare la tua visione ecclesiale, in modo che si possa discutere sulla base delle tue convinzioni, e non di preconcetti altrui.

La “critica teologica” a cui si fa riferimento, come si vede chiaramente dal link, è l’articolo in cui espongo le mie considerazioni su Meluzzi e la sua Chiesa. Come si vede, la mia critica è accusata di “fallacia logica”. Io avrei cioè fatto di Alessandro Meluzzi un vescovo secondo la mia prospettiva, per poterlo meglio criticare. Tale operazione sarebbe una fallacia in quanto Meluzzi non sarebbe un vescovo ortodosso “in senso stretto”: la sua chiesa porterebbe infatti il nome di “chiesa ortodossa” senza pretendere che essa abbia un qualche legame con l’Ortodossia vera e propria. Si tratterebbe, secondo l’intervistatore, soltanto di un nome. In effetti gran parte della conversazione verte sul significato del termine “ortodossia” e l’intervistatore stesso suggerisce

Credo che la maggior parte dei problemi nasca dall’accostamento di un singolo nome. Se invece di un ente che si definisce “ortodosso”, tu ne rappresentassi uno che si definisce “apostolico”, “vetero-cattolico” o quant’altro, credo che non ci sarebbero stati molti sospetti di liaisons dangereuses, e verosimilmente anche alcune polemiche.

Questo è senza dubbio vero. Vera è altresì anche un’altra cosa: non è stato Alessandro Meluzzi a fondare la “Chiesa Ortodossa Italiana”, essa esisteva ben prima di lui e non è altro che il risultato di una serie di scismi all’interno della “Chiesa Ortodossa in Italia” fondata da Antonio De Rosso all’inizio degli Anni Novanta (tanto che oggi esistono almeno tre “Chiese Ortodosse Italiane” più altre con nomi simili). Ora, tale “Chiesa” – per quanto inconsistente dal punto di vista canonico ed ecclesiale – si richiamava però apertamente alla tradizione ortodossa, riconoscendo i sette Concili della Chiesa indivisa e la prassi tipica delle Chiese Ortodosse. La “Chiesa” di Antonio De Rosso fu per questo anche in comunione con il Sinodo alternativo di Bulgaria e con la Chiesa (scismatica) del Montenegro. De Rosso si proponeva in tutto e per tutto come vescovo della Chiesa Ortodossa (e proprio per questo era considerato da tutti scismatico e non canonico). La “Chiesa” che ha poi eletto a Primate Alessandro Meluzzi aveva la stessa “pretesa di ortodossia”: si rifaceva al primo millennio cristiano, riconoscendo i sette Concili della Chiesa indivisa e almeno in parte la prassi liturgica ortodossa. Fare riferimento ai sette Concili della Chiesa indivisa significa, ricordiamolo, fare riferimento all’Ortodossia calcedoniana ed efesina. Lo stesso Meluzzi, anche nel corso dell’intervista in questione, fa riferimento ai sette Concili Ecumenici e alla tradizione ortodossa.

Perché dunque affermare che io avrei fatto di lui un vescovo “secondo la mia prospettiva”? Da uno che si professa vescovo ortodosso, e che fa apertamente riferimento all’Ortodossia calcedoniana ed efesina (quella dei sette Concili Ecumenici) io mi aspetto che rispetti quanto meno esteriormente ciò che la tradizione ortodossa prescrive per i vescovi, e lo stesso mi aspetto dalla sua Chiesa. Mi aspetto dunque che non sia sposato, poiché questa è la prassi attuale della Chiesa Ortodossa, e che nel suo clero non ci siano massoni in attività, cosa che purtroppo non è stata affatto chiarita. Voglio puntualizzare che prima del mio e di altri interventi in merito, Alessandro Meluzzi non si è mai premurato di dare chiarificazioni sulla sua appartenenza alla Chiesa Ortodossa. E a dire il vero non lo fa neppure in questa intervista.

Tanto dovevo, e se non ce ne sarà motivo non tornerò sull’argomento.

Non è mia intenzione esprimere giudizi sulle persone; una eventuale vera chiarificazione sulla “Chiesa Ortodossa Italiana” sarebbe benvenuta.

p Daniele

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